I barboni e il freddo

Qualche giorno fa ne sono morti due a Roma, per via del freddo. E c’è chi gioisce, chi è contento di questo: "Due in meno", "Sì, speriamo che aumenti". Pensano al freddo e quindi alla morte di "uno di quelli". A Roma i vagabondi, i clochard, gli homeless, i barboni sono un piccolo esercito di 3.000 uomini e donne che vivono di espedienti, ma non rubano, e non hanno una casa. Mi è capitato di sentire le frasi qui sopra riportate e ne deduco che il cinismo ha trionfato. Si passa senza guardare, senza voler capire. A volte può capitare di sentirsi schifati dalla loro presenza, dal loro cattivo odore. A me capita, ogni tanto, di parlare con loro e mi capitava più spesso quando, a vent’anni, giravo a piedi la città fino a notte fonda per via dei miei tanti malesseri esistenziali. Lo affermo senza vergogna: sarei potuto diventare uno di loro, "uno di quelli", se i miei problemi fossero aumentati solo un po’, o se non avessi avuto l’aiuto di qualcuno. Ma, a pensarci bene, probabilmente non avrei avuto il coraggio d’affrontare ogni giorno il freddo e la fame, non avrei retto nel sentirmi così esposto, osservato. L’avrei fatta finita subito con un colpo di pistola, con la stessa che in quegli anni mi portavo sempre dietro. Qui sotto una mia vecchia poesia scritta in quegli anni, poi apparsa in Divisori orientali:

UNO DI QUELLI

La vita avrà pure

un senso insensato

però ognuno desidera

anzi, pretende

che duri

almeno un altro giorno.

Era settembre e le dorate foglie

accartocciate consumavano l’aria

cadevano in un silenzio terso e duro

in un dolce applauso

di mani ovattate

e sopra di noi c’era il cielo

che via via si faceva

più trasandato e oscuro.

Si medita da tempo sulla morte

si pretente di parlare con tutti

persino con i parchi

della città per poi sparire

sotto strati di cartone

in tende

senz’aria né spazio

ci si trasforma

in un lercio barbone

che mai tralascia

di sputare e di bere

e dove capita

fa i propri bisogni.

IL RACCONTO DI DON CIOTTI APPARSO OGGI SU la REPUBBLICA

È stato l’incontro un clochard, quando avevo diciassette anni, a cambiare la mia vita. Ero uno studente e tutte le mattine percorrevo la stessa strada per andare a scuola, a Torino. Così notai un uomo sdraiato su una panchina, in condizioni di estremo disagio. Lo vidi altre volte, sempre lì, e cominciai a parlare con lui. Mi raccontò la sua storia: era un ex medico, un uomo che era stato molto stimato e molto amato. Un giorno, però, tutto precipitò. Capitò che, una sera, si ubriacò. Era la prima volta che gli succedeva, ma proprio in quella occasione venne chiamato per un intervento d’urgenza. L’operazione non riuscì bene. Per lui, allora, fu la fine: non riuscì a superare il suo senso di colpa, si autoescluse. E, nel giro di poco tempo, andò alla deriva, divenendo un clochard. Quell’uomo non mi aprì soltanto il cuore, ma, come dicevo, cambiò la mia esistenza e fu all’origine della fondazione del Gruppo Abele. Mi confidò che, nel giardinetto dove praticamente lui viveva, aveva visto dei giovani che acquistavano delle anfetamine (all’epoca l’eroina non era ancora diffusa) e ne facevano uso. Mi disse: "Bisogna fare qualcosa per salvare quei ragazzi, datti da fare". Il Gruppo Abele è nato da quell’esigenza di dare una mano a quei ragazzi. Ecco, per questa ragione, mi disturba sentire parlare di "emergenza freddo", di "freddo record", per i clochard che muoiono. Il freddo non guarda in faccia nessuno, ma è possibile, anzi doveroso, prepararsi al suo arrivo. Oggi la maggior parte di chi vive in strada non lo fa per scelta, ma per necessità. In Italia si calcola che almeno 500mila persone non riescano ad avere un’abitazione e tra queste il numero dei "senza casa" si aggira tra i 65mila e i 110mila (…) La bontà da sola non basta e a volte, anzi, è un alibi per lasciare irrisolti i problemi. E inoltre ci rende complici di un sistema fondato su troppe ingiustizie. La questione è reclamare più giustizia, non offrire come carità ciò che invece dovrebbe essere un diritto. È un cambiamento che ci deve vedere tutti coinvolti. Ciascuno deve sentirsi responsabile. Basta continuare a incolpare e a delegare. Il maggior pericolo è l’egoismo, il disincanto, l’apatia, la rassegnazione. Ricordo un uomo anziato, un clochard, qualche anno fa, proprio nei giorni di Natale. Aveva scritto un cartello sul proprio giaciglio di cartone nel centro di Torino: "Mi crea più sofferenza la vostra indifferenza che la mia pancia vuota". L’indifferenza non è soltanto un peccato sociale, ma un insulto alla nostra intelligenza. Solo una società del "noi" può infatti garantirci serenità, una vita senza paure, senza tensioni, senza questo continuo bisogno di difenderci, di fuggire da noi stessi e dagli altri. Le morti di Roma, come quelle sul lavoro, come quelle di chi naufraga per raggiungere le nostre coste, ci devono scavare dentro. Abbiamo passato mesi a discutere di decreti sicurezza, di decoro delle città. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che solo nelle convivenza, nel riconoscimento della dignità di ciascuno, possiamo sentirci sicuri.

                                                                      (testo raccolto da Massimo Novelli)

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5 risposte a I barboni e il freddo

  1. utente anonimo ha detto:

    Congratulazioni, è un blog davvero fatto nei migliori dei modi…molto serio e approfondito, è interessante e colpisce molto questo argomento.
    F.B.

  2. utente anonimo ha detto:

    …Ti do un consiglio approfondisci di più il discorso dell’indifferenza nei confronti dei barboni..cmq bello il blog..Ciao..

  3. utente anonimo ha detto:

    PESCE fUOR D’ACQUA
    La sociologia del poeta-
    … annotata , nuotata e nata
    per le persone smarrite nei freddi angoli della società isolata…

    Profondo occhio d’origine fluida
    Scendi nella strada gelida
    Ed avvolgi la miseria ruvida
    Di coperte e riluci roventi-

    Pesante occhio d’origine austera
    Scendi sul giaciglio di pietra
    E stringi la povertà tetra
    Con mani d’oro lucenti-

    Celato occhio d’origine ventrale
    Scendi nel tratto infernale
    E culla la notte nascosta
    Con piani di stelle portanti
    Nel fulgido di una giostra
    Che appare per nude lacrime nane
    E sale…
    Verso nuvole di sole
    Sale
    Farina
    e pane-

    Vasto occhio d’origine squamato
    Scendi nel parco invisibile fatato
    Pesca una dignità mancata…
    In lenza
    E rimedia al viscido perdersi
    Trattieni il respiro dell’essenza
    Che nulla è pioggia
    Nulla è vento
    Ma tutto è scivolo agitato d’annegamento-

    Al culmine del che sia e spia
    L’occhio di pesce fuor d’acqua
    Si trascina nel caldo soffio dorsale
    Vagando oltre il gelido rimando-

    E’ il principio di tutti i cavalcavia
    Dalla natura all’immensa scia
    E’ lo scopo per comporre
    Il bagliore del futuro passato prematuro
    Oggi come l’inizio di ogni ritrovo
    Esistito per le strade del consueto…
    Vestito in prestito-

    “In memoria del mio amico “Il Giusto” che consumò la sua identità”

    di Maurizio Spagna
    http://www.ilrotoversi.com
    info@ilrotoversi.com
    L’ideatore
    Scrittore e Poeta-

  4. utente anonimo ha detto:

    Sono rimasto molto colpito dalla tua poesia. Non per la sua bellezza. Questo lo lascio giudicare a chi ne sa più di me in materia di forma. Mi ha colpito perchè è vera. Viene da chiedersi davvero dove andiamo.Dove stiamo andando. La cosa più inquietante e che più aumentano i vari spot di solidarietà sociale, specie quelli classicamente estivi sugli animali abbandonati per le vacanze, più aumenta il numero di persone che si perdono in un cono d'ombra senza ritorno.Non voglio usare molte parole. aggirarsi in stazione di sera e di notte, crea sensazioni che non si possono esprimere. Ma infondo…tutti siamo potenzialmente ospiti di queste dimore improvvisate. Spesso pensiamo che la maggior parte dei problemi degli altri ci crea dispiacere. Ma quanto saremmo dispiaciuti se un giorno fossimo noi a suscitare lo stesso dispiacere?Quanto è tristemente terribile perdere di vista la dignità.Giuseppe.

  5. utente anonimo ha detto:

    « sindaco no dati

    case in pignoramento »

    la casa nel ghetto
    Di enzuccio62

     
    Lettera aperta al sindaco di Torino criteri di assegnazioni case popolari.spedita via e- mail

    Conferma del messaggio inviato a
    <Sergio.Chiamparino@comune.torino.it>; <Roberto.Tricarico@comune.torino.it>; <Livia.Capobianco@comune.torino.it> alle 15/05/2008 16.45 Il messaggio è stato visualizzato nel computer del destinatario alle 20/05/2008 14.26  –
     

     Da quanto appreso personalmente in questi anni:Sulle basi di una legge quadro nazionale (e di riflesso con legge regionale) tutti i comuni d’italia emettono un bando quasi ogni tre anni,le regioni hanno delegato i comuni a seguire l’iter di codesti bandi ed espletamento delle pratiche di assegnazione,infine tutte le domande vengono approvate dalla commissione regionale.Oltre ai bandi i comuni applicano con propri regolamenti altri due tipi di criteri per l’ assegnazione di case popolari ossia: uno in emergenza abitativa in via ordinaria a seguito di sfratto per finita locazione, o sfratto per morosità incolpevole,due,in emergenza abitativa in via straordinaria,ossia: casi di calamità pubbliche,o casi dove vi siano soggetti seguiti dai servizi sociali.anche codeste assegnazioni infine vengono vagliate dalla commissione casa regionale.nei criteri in via straordinaria il comune di torino, su segnalazione dei servizi sociali,istruisce delle domande,e conclude dopo aver avuto il rapporto di tali servizi,ho sentito persone che la loro pratica è stata conclusa dopo nove anni,altre dopo cinque anni,altre dopo tre anni.il criterio di due anni di attesa a parer mio(a conclusione pratica )forse è stato il più celere,a nota quanto appreso dai quotidiani: una donna sessantenne ,dopo due anni che viveva in una vettura causa bronchite,si rivolge all’ospedale,la stessa dichiara di aver dormito due anni nella propria vettura siattiva il servizio sociale dell’asl,la stessa ha dichiarato che era seguita dai servizi sociali del comune e che fino al giono del suo ricovero non avevano trovato nessuna soluzione abitativa,all’atto della sua dimissione ospedaliera si è trovata una casa d’urgenza da parte dell’ufficio di emergenza abitativa del comune.negli altri casi sociali vengono classificati gli anziani ultra sessantenni o invalidi con percentuale pari o  superiore al 75%. in questi casi i servizi sociali collocano per oltre 14 mesi questi soggetti in una casa alloggio oppure in alberghi convenzionati sia negli alberghi ,che nella casa alloggio come regolamento dello stesso comune di torino il soggetto deve pagare una quota pari o quasi tutta la sua pensione sociale,in compenso il comune le convenziona dei pasti e dall’impoto totale della pensione le lascia all’interessato 60 ero mensili per ottemperare ipropri  bisogni primari.su questo punto ne sono sicuro perchè più di una persona lo ha lamentato. nel caso di un soggetto sessantenne privo di pensione il comune si trattiene l’importo che doveva corrispondere a titolo di sussidio sociale ( tale sussidio riferiscono gli interessati,al compimento dei 60 anni viene elevato in misura doppia rispetto al sussidio ordinario) anche a costoro le da il diritto dei pasti convenzionati.mediamente se non per casi gravi (tipo il caso suelencato)la pratica di assegnazione per la casa si conclude all’incirca dopo 14 mesi.alcuni soggetti inseriti nei casi sociali al di sotto dell’età anagrafica di quarantanni in programma di una assegnazione casa in emergenza abitativa, riferiscono di aver vissuto per oltre quattro anni in dormitori, i primi due anni si assoggettano per un punteggio pari a punti 4 (testo della legge regionale : chiunque a titolo provvisorio è sprovvisto di abitazione , di aver vissuto anni due in baracche o simili,punti 4)alcuni hanno riferito che dai dormitori non le è stato riconosciuta l’ultima settimana ,quindi all’atto del bando non erano due anni dichiarati (v. sopra) e non le è stato attribuito il punteggio.  il comune ha risposto ad altri soggetti che si sono resi reperibili quindi è stato hanno dichiarato che non hanno dato la reperibillità ed sono stati esclusi dalla domanda di emergenza abitativa, altri soggetti hanno dichiarato la situazione familiare si sono visti togliere i figli tramite il tribunale dei minori essendo in prevalenza soggetti :donne divorziate o ragazze madri anch’esse inviate in dormitori. alla luce di quanto appreso vengono giustificati questi anni impiegati dai servizi sociali  ad espletare la pratica per codesti soggetti che inviano per una sistemazione provvisoria alla  convivenza nei dormitori  fino a conclusione pratica come soluzione in exstremis ,inviati dagli stessi assistenti sociali dove si erano rivolti al fine di una soluzione al loro problema lavorativo anche con valutazione della situazione abitativa.
     

    Vincenzo – Arruzza Il mio cronistoria: Da oltre tre anni sfrattato da una casa popolare ,vuoi per mia inadempienza,vuoi per una scarsa informazione dai servizi pubblici interessati, mi ero rivolto all’urp  -comune di torino, all’ufficio rapporti con la cittadinanza stesso comune, all’ufficio dell’assessorato erp (edilizia res.pubblica),oggi dopo tre anni che dormo nella mia macchina, dove mi risulta che gli abitanti della zona hanno telefonato più volte ai vigili urbani, segnalando che vi era un essere umano che dormiva la notte in questa vettura  il vicinato mi ha visto per anni,gli stessi si sono ricordati che esistevo,e  ogni tanto  segnalavano ai vigili stessi vigili venivano di notte a verificare ,tante sere mi hanno svegliato con il fascio di luce della lampada,a tale riguardo chiedo giustificazioni all’assessorato con richiesta di visura dei miei documenti inerenti il mio caso si limitano dal comune a rispondere su mia richiesta ci è voluto tutto questo tempo perchè il sottoscritto non si è servito dei servizi sociali.inoltre si tiene a precisare che dopo ulteriori richieste non sono stato convocato a tutt’oggi per la visura e stesura atti al fine di concludere tale incongruenza.Dal comune si deve ringraziare che non esiste l’ind. di posta elettronica uff. urp Procura della Repubblica  in quanto avevo piacere di darme atto,se qualcuno può darmi una mano  se può ,o se ha avuto una esperienza analoga.oggi a distanza di tre anni dò alcune deduzioni: dal comune assessorato casa mi viene proposta una soluzione provvisoria con contratto privato, dopo due anni e mezzo che dormivo per la strada  ossia nella mia vettura,premetto che erano due anni che mi rivolgevo a tale assessorato,la contrattazione doveva essere stipulata con l’ente comune proprietario della monocameraed  il gestore delegato ente l’atc di torino, per tale soluzione il funzionario si giustificava:viste le sue condizioni,abbiamo pensato di assegnarle questo alloggetto in attesa che venga emesso il bando per le case popolari 2008,inteso come deterrente,in primo luogo accetto,dopo aver visto la monocamera,era in condizioni pietose ho rifiutato.da quel giorno il comune non vuole più ricevermi.oggi deduco:carmela anni 5 per avere una casa popolare tramite i servizi sociali;M.V. anni 6 per avere una casa idem;v.g. invalido al 100% oltre tre anni;a.c idem,proposto in anticipo dai servizi sociali a gennaio 2009 le daranno una casa ,oggi vive in casa alloggio per un anno,dopo tre anni che viveva per dormitori.

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