Ci si trova, fin nel titolo, il gusto della citazione eclettica tipico di Mari:
È dalla fine del liceo
che come un fantoccio
della classe morta di Kantor
siedo al mio banco della III A*
O cavallina cavallina storna
che appartieni a un tempo che non torna*
Come Shane nella Valle Solitaria
avevi una giacchetta di pelle scamosciata
piena di frange svolazzanti*
Non aprite quella porta
non entrate nella stanza 237 dell’Overlook Hotel*
Wild Bill Hickock
morì freddato alle spalle
con una doppia di assi e nove in mano*
Son tutte belle le spade del mondo
tranne la spada di Artù*
Amor ch’a nullo amato amar perdona
sempre suonommi assioma nauseabondo*
Verrà la morte e avrà i miei occhi
ma dentro
ci troverà i tuoi
ma anche pensosi rifiuti in versi pluriapostrofati:
T’amo
disse alla carpa un persico sognante
ma duro fu il responso:
sono d’un’altra carpa
irrimediabile incomunicabilità:
Io muto
tu sorda
entrambi ciechi
elogi dell’amor platonico:
e tanto era fra noi lo struggimento
che spesso ci siamo presi il lusso
di non baciarci
coincidenze storiche:
I funerali del papa
e quelli del nostro amore
si sono celebrati insieme
Di tutti i fiori la rosa è la regina
che è il fiore dell’amore
ma il fiore mio più bello
il fior della mia vita
il fior che non sfiorisce
è il fiore che non sfioro
Michele Mari, Cento poesie d’amore a Ladyhawke, Einaudi, 2007, 11,50 euro
Le cento poesie di Mari me le sto leggendo la mattina appena sveglio, un po’ per volta. Si rinnova la mia ammirazione per questo scrittore.
E penso con un brivido a cosa avrei provato se questi canti di guerra e di morte li avessi letti all’epoca dei miei, di infelici amori.
urca! sono uscito dall’usato mondo, si direbbe.
Libro pessimo. Delirio infantilistico senza la minima coscienza metrica. Il miglior prosatore italiano contemporaneo è caduto su un terreno che non avrebbe dovuto esplorare. E questo in nome di cosa? Di qualche sguardo adolescenziale? Ma fatemi il piacere! L’amore è carne e sangue, e vagine. Una delusione.
@anonimo
Ogni giudizio è, ovviamente, lecito, ma solo due appunti.
Per il “senza la minima coscienza metrica” i cinque versi finali della raccolta: settenari che rimbalzano gioiosi tra lingua e palato, almeno sul mio.
Per “l’amore è carne e sangue, e vagine” i tre versi finali di pagina 18:
e cercherò la luce dei suoi occhi
nel cupo sempre uguale
di mille vagine
E poi, quel “l’amore è…” mi sembra un po’ riduttivo; magari qualche altra cosa ci si può anche trovare.